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27 -April -2024 - 00:47

  

             LEONARDO PELUSO, UN ARTISTA DELLA LUMINOSITA'

 

 Per presentare un artista ci sono due modi: quello dotto, freddo e distaccato del critico d’arte, e quello più umile del comune “asceta”, che, complice l’umana sensibilità, sa inchinarsi e commuoversi davanti ad un’opera d’arte; forse, questi, anche senza sapersi spiegare il “perché”, riesce a percepire il netto divario che passa tra un “quadro” ed una “crosta”.

Chiunque di noi sa che dall’espressività del volto si capisce lo stato d’animo di una persona, la faccia denota le sofferenze, le abitudini, i modi di vivere e ci differenzia gli uni dagli altri. E quando il “visus” è creato dal pittore, l’osservatore attento capta il trasfondere del turbine   emotivo dell’artista, ogni ruga, ogni piega, spigolosità del “quadro”, è una pagina della vita dell’uomo-artista: Leonardo PELUSO. E’ quasi un “vedere” allo specchio i meandri dell’anima, che seppur trasfigurata in volti sensuali e morbidamente scultorei, nascondono, nel loro rinnovarsi, l’amara ineluttabilità della vita.....                                     

 

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Quest’opera è un olio (100 x 80 cm) che rappresenta un grande vecchio Papua contadino che vive nel villaggio di Mendi della Nuova Guinea. In queste zone gli indigeni vivono di agricoltura, il settanta per cento della superficie della loro isola è ricoperto dalla foresta tropicale, nella quale ci sono anche alcuni giacimenti di oro e petrolio. Ma è soprattutto il legname che attira le industrie, che si impiantano nella giungla causando scompiglio e destabilizzazione tra gli indigeni.

Minacciando lo stile di vita tradizionale e la sopravvivenza stessa di questi uomini che sono ben tre milioni, divisi in circa settecento gruppi etnici.

E’ evidente il linguaggio figurativo, però orchestrato su tonalità tutte proprie il colore al di là della funzione decorativa, si fa elemento espressivo del significato dell’opera.

L’impianto operativo di base è la iuta, al grezzo senza nessuna preparazione e tale struttura concorre ad accentuare il senso di drammaticità e di determinazione che si intuisce da questa figura così carica ed incisiva.

E’ rappresentata in uno stato di diffidenza, tipico atteggiamento di chi non ha paura di affrontare eventuali minacce.

Significativi sono gli occhi, inquietanti, di chi costruisce la propria vita giorno per giorno a dispetto degli eventi. 

 

L’ opera sottostante è eseguita sempre ad olio su iuta  al grezzo (100 x 80 cm), rappresenta un altro grande vecchio Papua agricoltore che vive nel villaggio di Simbai della Nuova Guinea, un erede di saperi soffertamente consolidati. 

 

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Non è solo un’occasione di espressione, ma è fondamentalmente un punto di riflessione. Attraverso pennellate forti ed incisive, l’artista, va alla ricerca di verità nascoste in una tensione  creativa di alta qualità pittorica. Gli anziani appartenenti a tutte le etnie del mondo sono gli ultimi depositari di conoscenze che soltanto in questi anni la scienza occidentale va scoprendo: grazie a loro si parla di etnozoologia, di etnobotanica, di etnomusicologia, di etnolinguistica, di etnomedicina, di etnoecologia. Purtroppo, stiamo assistendo ad una “emorragia di conoscenze indigene”. Ogni vecchio che muore è una biblioteca che va in fumo. Le differenti culture dell’uomo evaporano per sempre. I giovani non ascoltano più i nonni per colpa della civiltà, e di conseguenza si ha la drammatica caduta di qualità della nuova generazione.

                                                                                                                                                      

 

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Amore, abbandono, suggestione, mistero e trasgressione, contenuti fondamentali di un inconfondibile stile legato alla squisita tecnica del pastello. Opere che infondono un senso di vitale freschezza soprattutto quando il soggetto è il corpo umano nelle sue più alte misure di bellezza e fattezze divine, caratterizzato da una forza espressiva densa di significati e di grazia. Dalle sfumate morbidezze chiaro-scurali, si passa ai contorni luminosi che evidenziano i lineamenti di un bel volto di donna, dove leggere note di colore vibrano lievi.

 

 

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Attenendosi al modulo veristico con la disinvolta gestualità del segno, disegnando in chiave tradizionale con la particolare finezza dello stile attraverso immediate impressioni cromatiche e modellanti penombre, si possono cogliere momenti emozionali spesso carichi di sentimento o viva intelligenza. Caratteristiche queste che sono testimonianza di una sensibilità interpretativa che va oltre la tecnica salda e ostruttiva di una mano sicura. 

 

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 Quando l’arte figurativa si proietta in una dimensione profondamente umana e si instaura un discorso poetico con i personaggi, allora il pittore ritrova la sua vera dimensione di uomo e di artista. E’ il caso specifico del nostro giovane pittore Leonardo Peluso che entra a pieno titolo nel novero degli artisti veri e sinceri. Le sue figure, oltre ad avere la misura e il rispetto di una tecnica salda e costruttiva, hanno l’armonia della natura, il candore dell’anima e comunicativa con la gente, insieme ad una prospettiva di soave ornamento.

 

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Liberi nello spazio, tutti in primo piano, i volti non sentono il disagio di confrontarsi con il paesaggio, che altera e modifica i sentimenti; opere dal sapore scultoreo per il tenace interessamento del Peluso a descrivere le forme fisiche, somatiche, sensuali o erotiche, a evidenziare personaggi che non badano solo a se stessi, che non si curano della realtà che li circonda, che non lottano perchè estatici nel loro ambiente chiuso e impenetrabile.

 

 

 

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In questa ottica si pone oggi la sua pittura, con le sue immagini dolci e sensuali, i suoi volti candidi e robusti, le chiome folti e i nudi vigorosi e prosperosi. Non possiamo limitarci a porgergli i nostri più vivi auguri, ma dobbiamo penetrare nello spirito delle sue opere per cogliere quegli elementi che conducono la personalità del Peluso, sempre più vicina alla sensibilità dell’uomo moderno.  

       

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Con la pittura di Leonardo PELUSO siamo sul piano di una sintassi formale che va al di là del dato rappresentato ed esattamente entriamo nel campo di un figurativo assai personalizzato, dove, centralità della sua arte è la figura femminile, colta nelle sue varie angolazioni e nelle sue varie espressività. Con il pastello infatti, il Peluso riesce a dare vita a dei racconti di grande suggestione all’interno dei quali il profondo senso naturalistico, si carica di valenze superiori.

 

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Gli elementi costitutivi della sua pittura, sono espressione di una sua complessa concettualità ed una volta fissati sulla tela, perdono la loro connotazione iniziale e si fanno narrazione di una profonda sensibilità e di una particolare percezione del reale.

 

 

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Anche nel racconto più preciso e minuzioso, il Peluso, non indulge mai nella semplice imitazione, in quanto in lui tutto risponde alle sole regole della sua creatività. Suggestivo è questo sovrastante ritratto a pastello fatto alla sorella in cui le tonalità hanno poco vigore. E’ come entrare in punta di piedi in un mondo chiuso a sè. 

Lo sfondo nero concorre a far uscire il volto lattiscente con una espressione di estasi, come davanti ad un evento eccezionale.  

 

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